
Parliamo oggi del settimo ed ultimo Chakra, prendendo sempre spunto dal meraviglioso libro di Anodea Judith, “Il libro dei chakra”.
Il nome del settimo chakra è Sahasrara (mille), come elemento ha il pensiero, come colore il violetto, si trova nella corteccia celebrale, come scopo ha la comprensione e come caratteristiche: la trascendenza, l’immanenza, l’unione, la visione.
Si sviluppa dall’inizio dell’età adulta e come compito evolutivo ha l’assimilazione della conoscenza e lo sviluppo della saggezza.
Quando abbiamo un settimo chakra equilibrato abbiamo capacità di percepire, analizzare e assimilare informazioni. Siamo intelligenti, riflessive/i e consapevoli. Possediamo apertura mentale, siamo in grado di metterci in discussione e possediamo un ampia capacità di comprensione.
Se nella nostra vita abbiamo subito traumi e violenze come per esempio una informazione negata, una educazione che spenga la curiosità, una imposizione religiosa, una inclinazione delle nostre convinzioni, il non diritto a pensare autonomamente, bugie, disinformazione, ecco che possono crearsi carenze o eccessi relativi.
Un settimo chakra carente porta la persona ad avere cinismo spirituale, difficoltà di apprendimento, rigido sistema di pensiero, apatia; porta inoltre ad essere materialista, avara e a voler avere il dominio sulle altre persone.
Un eccesso, invece, porta ad avere una ossessione spirituale, confusione, dissociazione dal corpo.
Anodea Judith, come per gli altri chakra, anche al settimo dedica un capitolo profondo e corposo, dove affronta in modo approfondito sia carenze che eccessi. Dedica una lunga parte su come possiamo eventualmente guarirlo, qualora ci accorgessimo che non è in equilibrio.
Tra i vari metodi che propone, c’è la meditazione, “una tecnica che energizza, calma e chiarifica la mente.” La meditazione ci permette di trascendere i pensieri che affollano la nostra mente, regalandoci pace, ordine e chiarezza.
Fa una panoramica anche sulle varie tecniche di meditazione, in modo da farci scegliere quella che preferiamo in base al nostro carattere e alle necessità che di volta in volta si possono presentare.
Dedica anche un paragrafo al distacco per aiutarci a diminuire l’attaccamento:
Chiudete gli occhi e immergetevi nel vostro corpo. Pensate all’oggetto del vostro attaccamento e al dolore che provate nel perderlo. Sprofondate in quella sofferenza, nella tristezza, in qualunque emozione affiora … scrivete poi esattamente a cosa siete attaccati e i molti livelli di attaccamento che possono presentarsi. Per esempio, se siete attaccati ad una persona, scrivete non solo il nome della persona, ma anche le qualità che per voi sono importanti. Scrivete gli aspetti della relazione a cui siete attaccati, le cose che vi sembra particolarmente difficile lasciare. Poi scrivete gli aspetti di voi stessi che traggono beneficio da queste qualità che voi pensate potreste perdere. Se siete attaccati da un’opportunità di lavoro, scrivete le cose che vi aspettate di ottenere da questo lavoro … poi con gli occhi della mente, muovete questa persona, oggetto o evento, lontano da voi, operando una chiara separazione. Rongraziatelo per la lezione che vi ha insegnato. Mentre si allontana, immaginate di sbloccare correnti di energia, come quando si toglie l’amo da un pesce che state ributtando in acqua. Danzate all’interno di queste correnti, riportando l’energia nel vostro campo immediato. Poi, evocate l’immagine delle cose a cui dovete dare energia … imbevete le vostre cellule di un sentimento di benessere e, da que
È anche il settimo un capitolo i interessante ed istruttivo, degno del libro che lo comprende.
Consigliato, consigliato, consigliato …