
“Da Circe a Morgana” è una bella raccolta di saggi, che l’autrice mette insieme per rendere omaggio al lavoro minimale che ha fatto l’ormai scomparsa, Momolina Marconi.
Quest’ultima è stata la più grande studiosa di miti e di spiritualità delle culture prepatriarcali, ha insegnato, per diversi decenni, Storia delle religioni nell’Università di Milano.
Anna De Nardis, profonda ammiratrice e studiosa di Momolina Marconi, a sua volta docente in fisica e studiosa di miti, ha voluto racchiudere in un unico libro gli scritti più significativi della stessa Momolina Marconi, in un’opera che ritengo assolutamente ben riuscita.
Prima di cominciare a parlarne, anticipo che “da Circe a Morgana” è un libro di altissimo livello intellettuale, scritto con vocaboli poco comuni, a cui hanno lavorato menti eccelse come, ovviamente Anna De Nardis e la grandiosa Luciana Percovich, che ha seguito l’autrice durante tutti gli studi fatti negli anni, per poi arrivare a scrivere un libro così bello.
L’autrice fa una iniziazione ai saggi di Momolina Marconi con una introduzione sapiente, dove informa tutti e tutte che la “religione mediterranea”(che viene raccontata in questo libro, attraverso i miti) di cui si è occupata per tutta la sua vita professionale Momolina Marconi, succedendo ad un altro pioniere del campo, Uberto Pestalozza (di cui Momolina Marconi è stata allieva e profonda estimatrice), è stata a poco a poco dimenticata e sottovalutata dall’intera cultura italiana.
Forse perché alla base di tale religione c’è un principio creativo femminile? Forse perché si parla spesso di “Signora” e non di “Dio creatore”? I motivi non ci interessano, perché, grazie a Momolina Marconi prima e ad Anna De Nardis poi, questi miti antichi, prepatriarcali, stanno lentamente tornando alla luce, riacquistando il loro meritato posto nel mondo e nelle coscienze.
Non elencherò tutti i miti di cui si compone il libro, perché è bello scoprirli piano piano leggendoli; quello su cui vorrei porre l’attenzione è, invece, il linguaggio che Momolina Marconi utilizza riferendosi alla Dea, alla Signora. Un linguaggio che porta in alto il ruolo che noi Donne per tantissimi anni abbiamo avuto nelle società prepatriarcali e che piano piano dobbiamo riprenderci, cioè il ruolo di “di illuminare e di trasformare la coscienza umana e con essa la realtà”.
Non è assolutamente volontà di Momolina Marconi esaltare il ruolo della Donna a discapito di quello maschile, anzi il bello dei suoi scritti è che pone entrambe le forze sul medesimo livello; ciò che è grandioso però è la naturale propensione a riferirsi alla Dea, all’essenza femminile, alla Donna, come “Genitrice per eccellenza”, dove è “signora ma non regina, si vale non d’impeto ma d’arte, non di scettro ma di consiglio, non d’impulso, ma di veggente intuito; lei che invoca giustizia ma non si macchia le mani di sangue, che le armi ma non la guerra, che guida come destino la violenza cieca dei maschi, che soprattutto esprime da sé la vita, prima ancora che l’amore, e la nutre e la difende nelle sue creature.”
Tutti i suoi saggi sono incentrati sulla “ricerca del matriarcato mediterraneo” che come specifica Pestalozza “più che un matriarcato di autorità, è un matriarcato di intuizione, di comprensione e di prestigio muliebri.”
È un libro che va’ letto perché il sostrato mediterraneo rivendica “la forma e l’essenza originaria della dea” e di conseguenza ci aiuta a “comprendere il nostro passato e a recuperare il femminile nel divino”, che è stato per troppo tempo, purtroppo, taciuto.
Da leggere 🧡